Espropriazione e cessione volontaria
Le differenze rispetto a una compravendita
Cassazione civile sez. I, 12/05/2021, n.12673: “In tema di espropriazione per pubblico interesse, la cessione volontaria costituisce un contratto a oggetto pubblico i cui elementi costitutivi, indispensabili a differenziarla dal contratto di compravendita di diritto comune, sono: a) l’inserimento del negozio nell’ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, nel cui contesto la cessione assolve alla peculiare funzione dell’acquisizione del bene da parte dell’espropriante, quale strumento alternativo all’ablazione d’autorità; b) la preesistenza non solo di una dichiarazione di pubblica utilità ancora efficace, ma anche di un subprocedimento di determinazione dell’indennità e delle relative offerta e accettazione, con la sequenza e le modalità previste dall’articolo 12 della legge 865/1971; c) il prezzo di trasferimento volontario correlato ai parametri di legge stabiliti, inderogabilmente, per la determinazione dell’indennità di espropriazione. Deriva da quanto precede, pertanto, che, ove non siano riscontrabili tutti i requisiti sopra indicati – non potendosi escludere che la Pa abbia perseguito una finalità di pubblico interesse tramite un ordinario contratto di compravendita – al negozio traslativo immobiliare non possono collegarsi gli effetti di cui all’articolo 14 della legge 865/1971, ossia l’estinzione dei diritti reali o personali gravanti sul bene medesimo.”
La sentenza in oggetto appare molto interessante in quanto sottolinea gli elementi formali e sostanziali che vanno a differenziare la stipula di un atto di cessione volontaria conclusiva di un procedimento espropriativo ex art. 45 dpr 327/2001, da un ordinario atto di compravendita posto in essere dalla pubblica amministrazione.
Il punto è di preminente interesse in quanto l’atto di cessione volontaria, essendo equiparato al decreto di esproprio, comporta tutte le conseguenze ordinariamente connesse all’emanazione del medesimo e quali descritte dagli artt. 23 e ss dpr 327/2001.
La sentenza, in particolare, esamina gli effetti della cessione volontaria rispetto ai diritti reali di terzi estendendo anche alla cessione volontaria l’estinzione dei diritti reali minori sancita dall’art. 25 dpr 327/2001. Tale estinzione non costituisce invece l’effetto della stipula di un contratto di compravendita che, viceversa, salvaguardia la permanenza dei diritti medesimi.
Cessione volontaria: Le analogie con il decreto di esproprio
Da segnalare peraltro come la cessione volontaria, al pari del decreto di esproprio, dia titolo per l’immissione in possesso, anche coatta, nel bene ai sensi dell’art. 24 t.u. espropri mentre, al contrario, nell’ambito di una ordinaria compravendita il possesso deve essere trasferito dal venditore.
Ulteriore differenza di rilievo, sottolineata dalla giurisprudenza di merito, è quella relativa alla possibilità di risoluzione del contratto a seguito di mancato adempimento del pagamento del prezzo che rimane sempre possibile nell’ambito di una ordinaria compravendita, ma che viceversa resta esclusa nell’ambito di una cessione volontaria.
Anche in questo caso si può notare una forte analogia tra la cessione volontaria e il decreto di esproprio: stante l’impossibilità di richiedere l’annullamento di un decreto di esproprio per questioni di tipo indennitario.
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Approfondimenti -> Le procedure di espropriazione per pubblica utilità
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